Ticino
L’esplosione, il sangue e le urla: “Non c’è più niente”
Il racconto di Annette, la mamma, e Lelya, la figlia, che vivono in Libano e che hanno vissuto sulla loro pelle le fortissime esplosioni di pochi giorni fa

Annette ha vissuto per tanti anni in Ticino e ora si trova a Beirut. Le immagini, quelle che si vedono nell’articolo, sono molto forti e il suo racconto è impressionante. Annette e sua figlia per fortuna stanno bene ma anche loro ha vissuto sulla sua pelle l’esplosione. “Ero nella mia clinica al nono piano di un palazzo che guarda nella direzione dove è avvenuta l’esplosione”, spiega Annette.

“Il tempo si è fermato”
“In sala avevo una paziente di 85 anni accompagnata da sua nipote ed è come se si fosse fermato il tempo. Quando abbiamo visto l’esplosione ho preso la ragazza senza poter prendere la signora più anziana, perché non cammina bene, così mi sono detta ‘ne prendo almeno una’. Per fortuna siamo riuscite ad uscire dal locale ma nel frattempo i detriti dell’esplosione sono riusciti a passare nello spazio della porta ancora aperto e mi hanno colpito le braccia. Se non fossimo scappate saremmo sicuramente morte”.

“Ci ha aiutato un angelo”
La cosa incredibile, però, spiega Annette è che “la signora che era a pancia in giù sul mio lettino, quando ho riaperto le porta tutta sanguinante ha semplicemente chiesto che cosa fosse successo ed era completamente illesa”. “Un angelo ci ha aiutato, ero sicura che lei fosse morta”, spiega Annette. “Eravamo vicinissimi all’esplosione, mi ha dato il tempo di salvare queste persone”.

Peggio della guerra
Lo studio è poco distante dalla zona del porto, nemmeno a troppe centinaia di metri. L’edificio davanti a quello dove lavora Annette è completamente crollato. Quasi 300mila persone sono senza casa, la situazione è disastrosa, conferma. “Non c’è più niente, non ci sono negozi, nessuno ha una casa, non ci sono uffici. La gente non ha più niente”, dice emozionata Annette. “Ci sono edifici che continuano a controllare, l’esplosione ha avuto una forza inimmaginabile. Ho vissuto la guerra ma questa non è la stessa cosa”.

Restare in Libano per aiutare
Annette ora non sta pensando di tornare in Ticino. “Vedendo la miseria e il bisogno che c’è è difficile pensare di lasciare questo popolo. Sono scesa in strada con quello che avevo, ricevevo appelli d’aiuto ed è impossibile oggi per me lasciare questa popolazione per salvare la mia vita”.

La testimonianza della figlia: “continuavo a temere un’altra esplosione”
La figlia di Annette, Lelya. “Mi trovavo a 8 minuti di macchina dal porto ed ero in una stanza dove stavano facendo un shooting fotografico. Appena abbiamo visto l’esplosione sono stata sbalzata e dopo è esploso il vetro. Sono riuscita ad andare sotto a un tavolo per proteggermi e in quel momento tutto è caduto attorno a me”, spiega la giovane.

Il fatto che il rumore e l’esplosione arrivassero solo da un unico punto non è stato sin da subito chiaro. Lelya infatti ha raccontato di pensare che ci fossero più ordigni sparsi per la città di Beirut. “Penso che il momento più difficile che ho avuto è quando guidando verso mia mamma continuavo ad avere paura di sentire un’altra bomba. In quel momento ho visto tutti i vetri per terra, tutta la gente che urlava con il sangue che continuava a scorrere e i tutti palazzi crollati... è stato davvero terribile”.

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