Ticino
Contagi in famiglia: “Statistica inaffidabile”
Foto Shutterstock
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Redazione
4 anni fa
Il dottor Marco Toderi della Clinica Sant’Anna contesta la statistica dell’UFSP secondo la quale le persone si ammalerebbero di più a casa. E si dichiara d’accordo sul limite di 100 persone agli eventi

In Svizzera il numero di partecipanti a eventi pubblici andrebbe limitato a un massimo di 100. A dirlo, ieri dalle pagine della SonntagsZeitung, il nuovo capo della Task force Covid-19 della Confederazione Martin Ackermann. Radio 3i ha contattato il dottor Marco Toderi, responsabile dell’ambulatorio visite urgenti presso la clinica Sant’Anna, per sapere la sua opinione in merito su questa e altre questioni: “Sono totalmente d’accordo nel limitare questa esposizione per il semplice fatto che se vogliamo andare avanti con questa politica di contact tracing, cioè trovare il singolo individuo infetto e sapere con quante persone è stato in contatto, è impensabile applicare questa teoria a un raggruppamento di persone più grande. È altresì impensabile riuscire a prendere i dati di tutte queste persone e riuscire a seguirle tutte”.

“Il virus siamo noi”
“Io più volte in questi mesi ho detto e raccontato che il virus siamo noi, più noi andiamo in giro più questo rischio aumenta”, continua Toderi. “Chiaramente da un punto di vista prettamente statistico il risultato cambia completamente se si parla di una, cento o mille persone, ma soprattutto cambia la nostra capacità di seguire gli eventuali contagi. Quindi ben venga la limitazione a 100 persone per evento, poi è chiaro che ci si adatterà in funzione di quello che succederà in futuro ma, data la situazione attuale, non vedo altre vie per evitare una nuova impennata dei contagi”.

Le persone si ammalano davvero di più a casa? “Statistica inaffidabile”
Domicilio e luogo di lavoro sarebbero i principali luoghi di contagio, questo stando all’UFSP, che ha corretto il tiro rispetto a quanto dichiarato venerdì, in cui aveva affermato che invece erano pub e discoteche i maggiori diffusi. Errore a parte, come valuta questa statistica? “È una statistica totalmente inaffidabile e sulla quale non si può trarre nessuna conclusione. Si parla di 750 casi nelle ultime due settimane di luglio, a fronte di 35'000 tamponi dall’inizio della pandemia, quindi non possiamo estrapolare da un campione così piccolo qual è in effetti il luogo più a rischio. È totalmente sbagliato, soprattutto perché non si tratta di un campione rappresentativo. Probabilmente chi l’ha preso in un bar o una discoteca è più giovane e sta bene e magari non è neanche andato a farsi fare il tampone. Molto probabilmente invece le persone che stanno a casa o le persone più anziane si sono fatte fare il tampone, quindi da qui a dire che è a casa che si prende il virus è un’estrapolazione totalmente falsa e un’informazione errata che si dà alla popolazione.”

Questione mascherine: “Non ci sono colpe ma solo da imparare”
A inizio pandemia Berna aveva sconsigliato l’uso delle mascherine perché non ce n’erano abbastanza, secondo quanto emerge da un’inchiesta della NZZ am Sonntag e da Le Matin Dimanche. Cosa ne pensa? “La questione delle mascherine è assolutamente verosimile. Era un’emergenza mondiale, era la prima volta che succedeva una cosa del genere quindi nessuno era esperto, secondo me quindi non ci sono colpe, c’è solo da imparare. Ed è sacrosanto che in un momento in cui le mascherine erano poche queste dovessero essere riservate al personale sanitario e alle forze di polizia. Poi quando sono arrivate ce n’erano di più a disposizione. Io penso che nessuno possa permettersi di dire che le mascherine non sono indispensabili, laddove non si possono mantenere le distanze sono assolutamente indispensabili ma solo se sono indossate da tutti”.

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