Ticino
A Como per lavoro, deve lasciare i regali in dogana
Foto © CdT/Gabriele Putzu
Foto © CdT/Gabriele Putzu
Marco Jäggli
3 anni fa
Questo quanto avvenuto a una ticinese, che sul tragitto si era fermata a comprare dei vestiti per Natale ed è stata bloccata al rientro. Rischiava una multa di 300 euro

Sono tante le situazioni inusuali a cui ci ha costretti la pandemia. Dall’indossare la mascherina tutti i giorni alla disinfezione costante, ci siamo abituati a trovare normali comportamenti che avremmo trovato bizzarri solo un anno fa. Ci sono però bizzarrie, dovute all’applicazione dei regolamenti, che a volte sembrano ancora stridere con il senso comune, anche se giustificate dalla lotta al coronavirus.

A Como per lavoro
È il caso di una cittadina svizzera, residente in Canton Ticino, che sul blog del giornalista italiano Nicola Porro racconta di essersi dovuta recare a Como per lavoro negli scorsi giorni e, sul tragitto per il luogo d’incontro, ha notato un prodotto d’abbigliamento in una vetrina e si è fermata ad acquistare dei regali nel negozio, secondo le sue parole deserto.

Merce fermata in dogana
Una volta arrivata in dogana però, la sorpresa: scesa per effettuare la procedura di tax free, dichiarando la merce, è stata bloccata dai finanzieri, “che mi hanno informato che avevo commesso un reato, non per l’appuntamento di lavoro ma per la “deviazione” effettuata”. Secondo le normative infatti, la visita al negozio avrebbe violato la normativa che consente spostamenti in una regione arancione solo per “seri motivi” di lavoro o salute, o per un’urgenza. Poco importa, scrive la donna, “che il negozio si trovasse sul tragitto fra il luogo dell’appuntamento e il parcheggio”.

Rischiava 300 euro di multa
A quel punto erano tre le alternative: pagare la sanzione di 300 euro, lasciare la merce a un conoscente attendendo il passaggio della Regione dall’arancione al giallo, o “non effettuare il tax free fare come i vecchi spalloni italiani, ovvero transitare di contrabbando”. A quel punto la donna riporta di aver optato per “la soluzione più ragionevole”, telefonando a un amico della figlia per lasciargli la merce, in attesa dell’agognato cambio di status per la Lombardia.

La ticinese conclude la sua lettera dichiarando: “se uno straniero compra merce in un negozio italiano deserto, non è un bene per gli italiani?”

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