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Seba Reuille a 360 gradi
Foto CdT
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Redazione
4 anni fa
Intervista con l’ex bianconero: dal suo futuro a quello dei Rockets, dagli stipendi al suo legame con il Lugano

“È un messaggio molto positivo per il Ticino e per tutta la Svizzera. Senza relegazioni sappiamo che la squadra e la società potranno lavorare su 2 stagioni senza troppi assilli. Oggi c’è davvero la possibilità di sviluppare un progetto interessante. I miei complimenti vanno a chi ha lavorato per portare in porto la nave in questo periodo di acque agitate.”

Sebastien Reuille commenta così il comunicato dei Ticino Rockets nel quale il club basato a Biasca conferma la propria esistenza e rilancia in vista della prossima stagione.

Un’annata che non vedrà più l’ex bianconero alla transenna.

“No, non rivestirò più l’incarico di assistente allenatore. Questo è quello che mi è stato detto. Non è nei piani del club e lo accetto. Personalmente poi in questo momento non mi vedo in questo ambito. Al contrario, il ruolo di direttore sportivo mi piace tantissimo, l’ho già ricoperto per 2 stagioni e mi ha dato grandi soddisfazioni. Sono in contatto con il presidente Mottis per una conferma. Da parte del club c’è interesse. Riconoscono le mie conoscenze sul ghiaccio e fuori dal ghiaccio. Inoltre nei lunghi anni di carriera ho instaurato ottimi rapporti con gli altri ds e tanti giocatori.”

La possibilità c’è, ma quanto è disposto ad aspettare Reuille?

“Non lo so, con il Covid-19 i veri problemi erano altri. Devo poi fare una premessa: sto vivendo queste settimane e mesi con grande serenità. Sono sereno e tranquillo. Posso aspettare ancora 2 o 3 settimane. La realtà è che ho già tutto pronto per partire. Se così non sarà, continuero a impegnarmi nel settore immobiliare. Sono 8 o 9 anni che ci lavoro e mi stimola parecchio.”

Già, Reuille è sempre stato un giocatore atipico. Accanto al ghiaccio si è costruito una carriera parallela in altri settori. Continuare a fare il ds dei Rockets sarebbe ancora conciliabile con questi impegni?

“Negli ultimi 2 anni l’immobiliare ho dovuto lasciarlo un po’ da parte. Il lavoro a Biasca era tanto: gestire i giocatori, lo staff tecnico e quello operativo, organizzare l’attività e tutti i meeting. Bisogna considerarla un’occupazione almeno all’80%. E per fortuna che Erico Pestoni fa tanto, tantissimo nella gestione della società.”

I futuro di Reuille non è ancora chiaro. Quello dell’head coach Reinhard neppure...

“Ma è abbastanza normale. Al momento nessuno è confermato. Prima toccava agli azionisti regolare i dettagli della loro collaborazione. Ad ogni modo con Alex ho avuto un ottimo rapporto, da lui ho imparato tantissimo, ha conoscenze impressionanti. È un tipo molto diretto, ha una sua linea e i giocatori devono seguirla. Onestamente, lo vedrei bene lavorare sul lungo termine. Si sarebbe inoltre continuità alla passata stagione. Ovviamente questo è solo il mio punto di vista.”

Torniamo a Reuille, dopo mille battaglie con la maglia del Lugano addosso, con lui il club bianconero non discute per tornare a collaborare?

“No, al momento non c’è nulla di aperto. Così mi hanno detto. Vedremo in futuro...”.

Un futuro che potrebbe vedere i giocatori di hockey guadagnare meno rispetto alle passate stagioni. Ormai da tempo si parla di riduzioni salariali...

“Ho connessioni ovunque e con tanti giocatori ancora attivi. È chiaro che se ne sta parlando a più livelli. Con il Covid tutti ci abbiamo rimesso le penne, dalla piccola azienda all’impiegato messo in lavoro in ridotto, tutti hanno perso qualcosa. Credo che i giocatori siano abbastanza maturi per capire che i club devo salvarsi se vogliono ancora essere stipendiati. Ridursi adesso gli stipendi vuol dire accettare dei compromessi. Per i giocatori non sarà semplice, ma siamo tutti sulla stessa barca.”

Ma in fin dei conti i giocatori guadagnano davvero troppo?

“La verità è che se un club è disposto ad offrire una determinata cifra, sarebbe stupido se un giocatore la rifiutasse. Sono saliti tanto gli stipendi nelle ultime stagioni ma sono andati di pari passo con l’intera economia dello sport. È il mercato che permette certi stipendi. L’idea del ‘salary cap’ non mi convince, non credo che farà cambiare tutto. Fissare un tetto a 7 milioni non è realistico quando oggi ci sono società che girano a 12 o 13 milioni. Aggiungo anche che sull’aumento degli stranieri non entrerei neppure in materia. I grandi club si potrebbero permettere 8 stranieri di livello superiore andando ad aumentare ulteriormente il gap con quelli più fragili, che sarebbero costretti a pescare nel mercato i pesci più piccoli.”

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