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Partito Comunista - La società va riaperta!
Redazione
3 anni fa

La scorsa settimana la Direzione del Partito Comunista, aveva deciso di lanciare una urgente consultazione interna fra i membri del Partito e della Gioventù Comunista per valutare la situazione sul fronte delle risposte alla pandemia e, se del caso, proporre un cambio di paradigma nella gestione della stessa. Dalla consultazione è emersa, ad ampia maggioranza, la necessità di uscire dal lockdown con una strategia chiara e coerente. La cittadinanza ha insomma bisogno di tornare a un minimo di socializzazione, di fiducia, di unità anche per evitare situazioni di forte tensione psichica!

Anche se a sinistra siamo una voce fuori dal coro non possiamo negare che un lockdown prolungato in regime di libero mercato favorisce solo la concentrazione di capitale a tutto vantaggio delle multinazionali e a scapito dei piccoli commercianti; il telelavoro reso strutturale fomenta il precariato e la parcellizzazione della classe lavoratrice; la scuola a distanza distrugge la relazione educativa sul piano umano e intensifica i processi di selezione sociale; infine impedire lo svago e lo sport per un periodo prolungato ha conseguenze negative anche sulla salute pubblica.

Per questi motivi - nel rispetto delle misure di prevenzione sanitaria - chiediamo che siano riaperti i luoghi di socializzazione come le biblioteche (cosa da noi peraltro già richiesta con due atti parlamentari), le università, le strutture di aggregazione culturale, i centri giovanili e, con le opportune regole e limitazioni, anche i bar/ristoranti e le infrastrutture sportive.

Nel contempo, fra le altre cose, rivendichiamo una diversificazione immediata e un aumento dei vaccini disponibili, importando in Svizzera quantitativi sufficienti di Soberana, Sputnik e CoronaVac.

1. Il Partito Comunista prende atto che la società svizzera si sta dividendo. Il senso di responsabilità collettiva che noi auspichiamo, tuttavia non può essere garantito in una società retta da principi capitalistici (e cioè egoistici) se non per periodi relativamente brevi (come è stato il caso all’inizio della prima ondata). Condanniamo chi, a destra, pensa solo ai profitti e giustifica comportamenti irresponsabili di quella parte di padronato che non tutela a sufficienza la salute dei lavoratori, negando addirittura che i contagi avvengano sul posto di lavoro e che ha impedito, durante la prima ondata, una reazione efficace sul piano nazionale. Allo stesso modo siamo basiti che l’esercito svizzero, nonostante le enormi risorse a sua disposizione e la martellante propaganda, abbia dimostrato di essere il regno del pressapochismo e di non riuscire a proteggere la salute dei coscritti.

2. Il Partito Comunista si distingue però pure da quella parte della sinistra, anche quella cosiddetta “anti-capitalista”, che sta soffiando sul fuoco fomentando panico sociale senza rendersi conto che: a) un lockdown prolungato in regime di libero mercato favorisce solo la concentrazione di capitale a tutto vantaggio delle multinazionali e a scapito dei piccoli commercianti; b) che il telelavoro reso strutturale fomenta il precariato, la parcellizzazione della classe lavoratrice e determinerà situazioni difficili anche dal punto di vista sindacale; c) che la scuola a distanza distrugge la relazione educativa sul piano umano e intensifica i processi di selezione sociale; d) che la sfiducia irrazionale nelle istituzioni sia quelle democratiche sia quelle sanitarie fomenta solo maggiore individualismo; e) che impedire lo svago e lo sport alla popolazione per un periodo prolungato ha conseguenze negative anche di tipo sanitario.

3. Il Partito Comunista ha preso atto dell’opinione del presidente dell’Unione Sindacale Svizzera, Pierre-Yves Maillard, secondo cui è necessaria una strategia di uscita dal lockdown, graduale, il più possibile sicura, ma soprattutto chiara e coerente. Non è solo una questione relativa all’economia (per quanto l’indebolimento del tessuto produttivo resti preoccupante) ma anche di

salute psichica e di senso di comunità. Ribadiamo quindi la necessità di riaprire – nel rispetto delle misure sanitarie preventive – quei luoghi di socializzazione come le biblioteche (cosa da noi peraltro già richiesta con due atti parlamentari), le strutture di aggregazione culturale, le università, i centri giovanili e, con le opportune regole e limitazioni, anche i bar/ristoranti e le infrastrutture sportive.

4. Contrariamente alla narrazione padronale secondo cui la maggior parte dei contagi avverrebbe in famiglia, i dati statistici più recenti attribuiscono a oltre un quarto dei contagi attuali un’origine sul posto di lavoro: occorrono dunque maggiori controlli nelle aziende – con la diretta supervisione dei sindacati – al fine di verificare il rispetto delle norme sanitarie e delle quarantene. La distribuzione degli aiuti economici alle aziende deve essere subordinata al rispetto delle direttive sanitarie e di altri criteri sociali come il divieto di licenziamento, il blocco della distribuzione di utili e dividendi, la parità salariale fra uomini e donne, ecc. I lavoratori devono invece poter accedere a delle forme di sostegno più ampie e consistenti: le indennità di lavoro ridotto devono essere estese al 100% del salario fino ai Fr. 4’000 al mese, garantendo un reddito dignitoso anche ai “working poor” e ai lavoratori precari duramente colpiti dalla pandemia.

5. La cittadinanza ha bisogno di tornare a un minimo di socializzazione, di fiducia, di unità anche per evitare situazioni di forte tensione psichica che possono minare alle radici lo sviluppo coeso e solidale del Paese. Per farlo occorre però agire coerentemente per evitare il collasso del sistema ospedaliero: a) aumentare la campagna di tamponi gratuiti e a tappeto; b) aumentare il numero di corse dei mezzi di trasporto pubblici anche con misure temporaneamente drastiche che possono arrivare fino alla requisizione di torpedoni privati e autisti al fine di evitare assembramenti sui bus; c) investire maggiormente in ambito ospedaliero e nella formazione medico-infermieristico per evitare l’eccessiva dipendenza dall’estero; d) diversificare immediatamente e aumentare i vaccini disponibili, importando – o eventualmente negoziandone una produzione diretta – in Svizzera quantitativi sufficienti di Soberana, Sputnik e CoronaVac, i vaccini prodotti dalle aziende pubbliche di Cuba, Russia e Cina che stanno ottenendo risultati positivi nei paesi emergenti (e sul lungo periodo investire in un polo di ricerca e di produzione farmaceutica e vaccinale nazionale sotto diretto controllo della Confederazione). Nel contempo occorre sviluppare un movimento che impedisca il controllo delle multinazionali sui brevetti dei vaccini e la privatizzazione delle tecnologie sanitarie sviluppate con risorse pubbliche. Il Partito Comunista chiede che gli organi di sorveglianza e di valutazione scientifica svizzeri accelerino insomma i processi di approvazione dei vaccini in osservazione e si astengano da pregiudizi e da orientamenti (geo-)politici.

6. Il Partito Comunista chiede chiarezza nella comunicazione alla popolazione: essa deve essere data in un linguaggio facile e comprensibile senza possibilità interpretative. La comunicazione deve essere monopolio delle autorità politiche e, per quanto concerne le questioni sanitarie, del medico cantonale e del farmacista cantonale, che in quanto tali devono rispondere al parlamento, non dai medici delle cliniche private (strutture che per scopo hanno comunque sempre quello di lucrare!) che giocano a fare i VIP in televisione. Il “modello” mediatico delle televisioni commerciali (non solo italiane) resti insomma fuori dalle redazioni finanziate col canone!

7. Il Partito Comunista condanna la sinofobia e la russofobia che emergono dalla quasi totalità (alla faccia del pluralismo!) dei servizi giornalistici del nostro Paese. La sinofobia e la russofobia – nascoste dietro alla retorica cosmopolita e “dirittoumanista” – è in realtà una forma di razzismo ed eurocentrismo della peggior specie reso accettabile anche a sinistra. Negandolo, la sinofobia in particolare fomenta oggi il complottismo e le teorie anti-scientifiche: occorre smetterla di infangare il paese che forse più di tutti ha fatto per contrastare la pandemia con particolare rigore e successo eche sta investendo come nessuno mai prima nella sanità pubblica e nella modernizzazione economica. Denigrare la Cina significa essere sudditi di USA e UE, il Partito Comunista invece difende la neutralità e la sovranità della Svizzera che si esplica nella diversificazione dei partner e nella cooperazione win-win (sia sul piano commerciale così come su quello accademico e scientifico) con i paesi emergenti.

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