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Massimiliano Ay - La geopolitica degli aerei da combattimento
Redazione
4 anni fa

Le ragioni per opporsi all’acquisto dei nuovi aerei da combattimento il prossimo 27 settembre ormai le si conosce: da quelle relative alle priorità finanziarie del momento (miliardi ben più utili alla sanità pubblica) a quelle relative alla tipologia di velivoli (la politica non ha voluto nemmeno prendere in considerazione aerei leggeri, meno costosi e adibiti espressamente alla sola polizia aerea più che alla guerra). Ciò che però manca nel dibattito è l’elemento geopolitico.

Mentre la destra lo evita perché risulta scomodo alla propria narrazione “sovranista”; la sinistra disinteressata dalle contraddizioni geopolitiche in corso nel mondo (e che stanno lacerando pure la borghesia elvetica) nemmeno se ne preoccupa. Solo il Partito Comunista aveva posto, e fin dal primissimo dibattito TV alla RSI nel luglio 2019, la parola chiave di tutta questa vicenda, e cioè: “NATO”! Gli aerei non sono infatti ammassi di ferraglia guidati da un pilota, come forse qualcuno rimasto al palo del ‘900 ancora crede: sono anzitutto prodotti altamente informatizzati con forme precise di vincolo tecnologico che rispondono ad esigenze geopolitiche.

Vi ricordate il Gripen? I cittadini non lo vollero. Fu però acquistato dal Brasile, il cui governo era allora nelle mani della sinistra patriottica (e filo-cinese) di Dilma Roussef. Fondamentali componenti del motore dell’aereo svedese in dotazione alle forze armate brasiliane erano però di proprietà statunitense: il governo di Washington ne poteva bloccare la fornitura di pezzi di ricambio, costringendo eventualmente a terra l’aviazione del paese latinoamericano (parte dei BRICS). Il Brasile non era allora considerato abbastanza ubbidiente agli USA: la Svizzera invece?

Il Consiglio federale – quello che nel pieno del lockdown ha firmato in sordina un accordo bilaterale per la cooperazione bellica con l’esercito degli USA atto a “migliorare lo statuto del personale nel rispettivo paese ospite” – ci chiede ora un assegno in bianco: noi gli diamo i miliardi e lui si sceglie liberamente un modello di caccia da guerra (e non da polizia aerea!). Tutti gli apparecchi selezionati sono però di esclusiva produzione NATO: il governo ha infatti rifiutato esplicitamente aerei di produzione russa o cinese, anche qualora costassero meno. Ma un piccolo paese neutrale come il nostro non dovrebbe invece diversificare i propri partner non solo economici ma anche militari, proprio nell’ottica di non dipendere da una sola potenza estera, garantendo così la propria sovranità?

Se la Svizzera acquista i nuovi aerei da combattimento dagli USA, dovrà infatti accettarne le leggi per tutta la durata di vita del velivolo. Sono gli USA insomma a determinare se i nostri aerei potranno decollare o sparare! Lo sa chiunque si occupi di politica di sicurezza, ma in pochi lo ammettono e infatti anche in televisione si è evitato di tematizzarlo quando il consigliere nazionale Bruno Storni ha avuto il coraggio di ribadirlo! Ma a confermarlo è stata pure la BaslerZeitung del 10 agosto scorso spiegando come regolarmente militari americani arrivino in Svizzera e controllino postazioni segrete del nostro esercito: gli USA ci vendono le loro armi, ma vogliono anche assicurarsi che nessun paese acquirente le possa usare in futuro contro i loro interessi strategici. Si tratta di controlli che includono interventi nell’area sensibile del software senza alcuna garanzia sulla protezione delle informazioni riservate. La Confederazione ha accettato tali controlli già quando acquistò gli F/A-18 e così farà anche per i prossimi aerei. Persino il colonnello Roger Schärer, già membro della Direzione per la politica di sicurezza nel Dipartimento federale della difesa, ha ammesso che, in particolare l’F-35 e il Super-Hornet, possono essere disattivati a distanza dal paese produttore, con buona pace di chi parla di difesa della nostra sicurezza e sovranità nazionale! Il Partito Comunista vota No anche per questo motivo!

Massimiliano Ay, segretario politico del Partito Comunista e deputato in Gran Consiglio

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