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Giovanni Berardi - Iniziative agricole: io voto di pancia
Redazione
3 anni fa

Adattarsi è diventato un esercizio frequente per l’agricoltura svizzera. Lo ha fatto alla fine del 1800, quando la ferrovia ha rivoluzionato gli scambi commerciali. Lo ha fatto durante la seconda guerra mondiale, quando tutto il territorio disponibile (non c’era la cementificazione odierna) fu destinato al Piano Wahlen per assicurare 2’000 calorie al giorno pro capite. Gli Svizzeri erano però la metà di oggi e, pur coltivando patate dappertutto, ogni giorno si importavano 300 vagoni merci di cibo. Lo ha fatto attorno al 1990 quando la globalizzazione ha imposto un cambio di rotta e furono introdotti e costantemente aggiornati criteri ecologici e di protezione animali. Insomma, gli agricoltori con impegno hanno sempre fatto quello che il paese e i consumatori han chiesto loro di fare. Un patto solido, basato sul rispetto reciproco. Ora, questo patto rischia di incrinarsi. Il dibattito è acceso e il settore agricolo è accusato a torto di ogni nefandezza. L’opinione pubblica deve però interrogarsi sul ruolo del settore agricolo per un paese come la Svizzera che dispone di poche risorse. Il tema riguarda tutti, poiché consumiamo (e siamo fortunati) tre pasti al giorno. La produzione interna copre solo il 50% del fabbisogno e un’eventuale accettazione delle iniziative peggiorerà la situazione. Aumenteranno le importazioni, prodotte con chissà che criteri ambientali e magari sfruttando manodopera, il che non è etico. Vi sembra saggio tutto questo? Direi di no, poiché ci espone a una maggiore dipendenza dall’estero. Se manca il cibo sul piatto, la pancia reclama. Per questo, voterò di pancia due convinti NO, dando fiducia all’impegnativa strada intrapresa dalla politica agricola federale. Il patto di paese deve continuare a contraddistinguere chi produce il cibo e chi lo consuma.

Giovanni Berardi – Deputato al Gran Consiglio e presidente di Agrifutura

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