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Bruno Storni - App di tracciamento COVID19: chiariamo bene
Foto CdT/Fiorenzo Maffi
Foto CdT/Fiorenzo Maffi
Redazione
4 anni fa

«Monitorare e controllare la popolazione con i dati forniti dai cellulari? Serve ed è giustificabile per arginare la pandemia? No! è la ferma risposta di Solange Ghernaouti, specialista in sicurezza informatica e docente all’Università di Losanna “. È l’inizio, ma anche la sintesi dell’intervista (CdT 17 aprile) di Moreno Bernasconi alla professoressa, sull’uso di sistemi digitali di telefonia mobile per tracciare la popolazione nella lotta contro il COVID19.

Un tema molto d’attualità, in particolare il progetto svizzero Swiss PT per il quale l’intervista potrebbe però confonderci su obiettivi, funzione e privacy.

Ad esempio l’affermazione: “Non sono tecniche volte a impedire la propagazione del virus ma permettono di seguire persone infette, verificare se rispettano l’isolamento ed eventualmente listare una catena di contagio”; ebbene SwissCovid non è affatto questo, ma uno strumento di misurazione della distanza tra telefonini che ci permette di registrare contatti ravvicinati e se del caso individuare e interrompere una catena di contagio impedendo la propagazione del virus. Per il controllo del rispetto dell’isolamento ci pensa l’autorità sanitaria cantonale.

Convengo invece con Ghernaouti quando dice si poteva fare diversamente e investire di più in un vaccino, ma intanto non c’è, il tracciamento digitale seppur non applicabile al 100% della popolazione, è una misura complementare che può aiutare a fermare i contagi. Bisogna valutare la sua utilità situandola nel contesto generale e non contrapponendola alle altre misure in campo. Avrebbe potuto essere molto utile già nelle prime fasi dell’epidemia.

Quanto a privacy e ipotesi di consenso della popolazione all’uso volontario Gheranouti dice “Certo con la paura, la promessa di migliorare sicurezza e salute e un buon marketing è possibile ottenere il consenso cieco della popolazione, .. E contando sul fatto che esiste un’incapacità diffusa di capire l’impatto a lungo termine che comporta la perdita della padronanza sui propri dati personali”

Affermazioni pesanti e per SwissCovid completamente fuori contesto, visto non registra assolutamente alcun dato personale, come possiamo verificare nella completa e trasparente documentazione di progetto pubblicata. È proprio l’esempio come realizzare uno strumento informatico utile, rispettando in toto la riservatezza dell’utente.

Purtroppo nei media il tema caldo attorno a questo nuovo strumento è la privacy; conoscendo le caratteristiche di SwissCovid è come se si discutesse dei rischi per la salute dei disinfettanti per l’etanolo, che troviamo anche nelle bevande alcooliche il cui abuso causa di 3 milioni di morti all’anno.

La discussione sulla digitalizzazione, seppur fatta in digitalsocial su smartphone senza alcuna privacy, è ormai polarizzata, sovente complottista.

L’informazione sulle nuove tecnologie sempre più pervasive va fatta con estrema attenzione, accostare un’ipotesi negativa fuori contesto può generare paure, confusione, lasciando dubbi con conseguenze sfavorevoli per lo strumento che non verrà usato, perdendo in questo caso il potenziale di protezione della salute pubblica.

Di un progetto simile, di grande utilità pubblica, che nasce nel campo minato di errori e disinformazione del digitale, dobbiamo curare molto l’informazione: uno sforzo supplementare che i rapidi sviluppi, le potenzialità e la complessità delle tecnologie dell’informazione ci obbligano sempre più a svolgere.

Bruno Storni - Consigliere nazionale

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