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Alexandra Karle - Legge sulle misure di polizia: arbitraria e inutile
Amnesty International
Amnesty International
Redazione
3 anni fa

La legge sulle misure di polizia per la lotta al terrorismo (MPT) accorda poteri quasi illimitati alla polizia federale per l’applicazione di misure coercitive nei confronti di adulti e bambini innocenti. Anche senza il minimo sospet-to di un’infrazione e senza passare, come consuetudine, da un tribunale. Questa legge spalanca la porta all’arbitrio e minaccia i principi dello Stato di diritto.

Ma soprattutto, questa legge è inutile: le lacune legislative nella lotta al terrorismo che dovrebbe colmare non esistono. Negli ultimi anni la Svizzera ha costantemente rafforzato le misure e le basi legali che le permettono di lottare contro il terrorismo. Nessun ambito del diritto penale ha una così ampia dimensione preventiva. Appar-tenere a un’organizzazione terrorista, sostenere, finanziare o promuovere il terrorismo, diffondere immagini o video di gruppi terroristi sui social, minacciare il ricorso alla violenza o preparare un attentato: tutti questi atti sono già perseguibili e condannabili in virtù del diritto in vigore.

Un’analisi dell’Università di Losanna dei procedimenti penali per terrorismo passati davanti al Tribunale penale federale dal 2004 mostra che nessuna delle 29 persone accusate è stata condannata per atti violenti. I casi ri-guardavano principalmente attività su internet, che costituivano l’unico reato in 9 dei 27 casi sfociati in una con-danna.

Se oggi le attività terroristiche sono perseguibili e sanzionabili prima di un atto violento, con la nuova legge le au-torità dovrebbero imparare a predire il futuro. La legge infatti prende di mira «potenziali terroristi» che non hanno ancora commesso un reato, ma potrebbero rivelarsi pericolosi in futuro. La polizia federale è autorizzata a fare una prognosi sulla pericolosità futura, aprendo la porta all’arbitrio. È quindi probabile che misure preven-tive siano pronunciate contro persone la cui pericolosità non è verificata. Sospettate a torto, dovranno dimo-strare la loro futura innocenza. Un’impresa impossibile, un incubo kafkiano. La presunzione di innocenza sareb-be spazzata via da un’ipotetica pericolosità.

Se la polizia federale riterrà una persona pericolosa potrà immediatamente, e di propria iniziativa, pronunciare delle misure coercitive senza riferire a un giudice (sola eccezione: gli arresti domiciliari). La polizia è quindi con-temporaneamente «giudice e carnefice», in totale contraddizione con un principio fondamentale dello Stato di diritto: la separazione dei poteri.

Ma qual è il profilo del «potenziale terrorista» oggetto della legge sulle misure di polizia, se le persone possono già essere condannate per l’attività su internet? Secondo questa legge è attivista terroristica la «propagazione della paura» a fini politici. Quindi una manifestazione politica legittima potrebbe essere oggetto di un procedi-mento da parte della polizia, che si tratti di provocazioni lanciate sui social, della contestazione delle misure anti Covid o di allertare sull’emergenza climatica.

Questa ampia definizione di terrorismo è in rottura con le norme internazionali e la legislazione svizzera. Nel nostro Codice penale, il terrorismo presuppone un «atto di violenza criminale» e nella legge sui servizi informativi «una minaccia concreta per la sicurezze interna ed esterna». Con la nuova definizione proposta, la Svizzera si erge a modello per gli Stati autoritari, già fin troppo inclini ad accusare gli oppositori di «terrorismo».

E tutto questo con quale obiettivo? Se un individuo è determinato a commettere un attentato nessuna misura – dalla sorveglianza elettronica agli arresti domiciliari – sarà sufficiente ad impedirglielo. Queste misure non con-tribuiscono a prevenire la violenza, colpiranno però molti innocenti e avranno un impatto sulle loro vite. Voglia-mo sacrificare i nostri diritti e le nostre libertà in nome di un’illusione della sicurezza assoluta?

Alexandra Karle, direttrice di Amnesty International Svizzera

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