Gli scienziati che stanno studiando la diffusione del coronavirus hanno scoperto che per ogni caso confermato ci sono molto probabilmente altre cinque-dieci persone nella comunità con infezioni non rilevate, in assenza di misure restrittive e di test di massa. Questi casi spesso lievi sono responsabili per quasi l'80% dei nuovi casi, che non sono però necessariamente lievi. Lo scrive il New York Times, citando un rapporto pubblicato ieri sulla prestigiosa rivista Science e basato su dati cinesi.
I ricercatori hanno creato un modello della diffusione del virus in Cina prima del divieto di viaggio e di una aggressiva campagna di test. In quel periodo, da dicembre alla fine di gennaio, circa sei casi su sette non erano rilevati. Una situazione analoga, sottolineano gli autori, a quella presente ora negli Usa e in altri Paesi occidentali, dove i test non sono largamente disponibili.
"Se abbiamo 3500 casi in Usa, potrebbe trattarsi di 35'000 in realtà", afferma Jeffrey Shaman, un epidemiologo della Columbia University e autore senior dello studio. La ricerca evidenzia che dopo che il governo cinese ha isolato il centro dell'epidemia il 23 gennaio e ha cominciato i test su larga scala, il quadro è cambiato drasticamente, consentendo di identificare circa il 60% dei casi positivi, contro il 14% precedente. Allo studio hanno partecipato autori di cinque istituzioni, incluso l'Imperial College London, la Tsinghua University di Pechino e la University of Hong Kong.
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