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Pressione su Biden: «Serve una svolta storica con Israele»
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Keystone-ats
3 anni fa
Per la prima volta dall’inizio di questa crisi, la Casa Bianca, è stata costretta ad alzare la voce nei confronti di Israele per i suoi attacchi da molti considerati indiscriminati:

«Palestinian Lives Matter», le vite dei palestinesi contano. Nella sinistra e nella società civile americane si alza sempre più la voce di chi chiede una svolta storica alla Casa Bianca, cambiando il suo approccio nei confronti di Israele.

Al presidente Joe Biden si chiede il coraggio di voltare pagina una volta per tutte e di affermare come gli Stati Uniti non sono più disposti a garantire un sostegno incondizionato al principale alleato mediorientale, un appoggio che non può prescindere dal rispetto dei diritti. E la distruzione a Gaza City del palazzo dei media, lì dove si trovava anche l’ufficio di corrispondenza della Associated Press, la principale agenzia di stampa statunitense, rafforza la tesi di chi afferma che è ora di dire basta al governo di Benyamin Netanyahu, e che difendersi dai terroristi di Hamas non vuol dire fare strage di civili palestinesi.

Così, per la prima volta dall’inizio di questa crisi, la Casa Bianca, è stata costretta ad alzare la voce nei confronti di Israele per i suoi attacchi da molti considerati indiscriminati: «Abbiamo detto direttamente agli israeliani che garantire la sicurezza dei giornalisti e dei media indipendenti è di importanza capitale», ha twittato la portavoce Jen Psaki.

La frustrazione per l’ulteriore escalation è forte, soprattutto dopo che Biden e il segretario di stato Antony Blinken hanno spedito un loro inviato a Gerusalemme proprio per tentare di fermare le violenze ed arrivare a un cessate il fuoco. Una missione che, visti fatti drammatici delle ultime ore, per ora sembra essere avviata al fallimento.

L’attacco al palazzo dei media a Gaza però ha impressionato l’America. «Siamo sconvolti e inorriditi da quanto accaduto, abbiamo evitato per un soffio la perdita di vite umane», ha affermato il numero uno della Associated Press Gary Pruitt, denunciando come «ora il mondo sarà meno informato di quanto sta succedendo a Gaza». Anche perché nella stessa torre al-Jala abbattuta dall’aviazione israeliana si trovavano anche gli studi della emittente del Qatar al-Jazeera.

Telefonata Joe Biden-Abu Mazen

Nel frattempo il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen e Biden hanno avuto oggi il loro primo colloquio telefonico, dall’insediamento alla Casa Bianca. I due hanno parlato degli «ultimi sviluppi» a Gaza. Lo ha annunciato il ministro dell’Anp, Hussein Al-Sheikh, uno stretto collaboratore di Abu Mazen.

Adesso in molti si attendono le prossime mosse di Biden, mentre la sinistra Usa inevitabilmente si spacca tra un’establishment legato allo storico sodalizio con Israele e l’ala liberal dei democratici sempre più critica. E che oramai in quella palestinese vede non solo una questione di politica estera ma un qualcosa che va oltre, che riguarda la giustizia sociale, l’equità razziale. Così si schierano per il riconoscimento dei diritti dei palestinesi non solo membri del Congresso come Bernie Sanders o Alexandria-Ocasio Cortez, ma gli attivisti di Black Lives Matter, le associazioni per i diritti civili, quelle che si battono per gli immigrati, e persino il popolo di Greta, i giovani che lottano per denunciare i cambiamenti climatici.

In un editoriale sul New York Times, Sanders ha invocato un approccio «imparziale» da parte della Casa Bianca, ricordando come ogni anno gli Usa danno 4 miliardi di dollari in aiuti a Israele e accusando Netanyahu di «coltivare sempre più un tipo di nazionalismo razzista, intollerante, autoritario e antidemocratico». Ocasio-Cortez, intervenendo in Congresso, per la prima volta ha criticato duramente Biden: «Ha detto che Israele ha tutto il diritto di difendersi. E i palestinesi hanno il diritto di sopravvivere?».

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